Per le aziende abruzzesi sarà «un passaggio ineludibile per continuare a essere protagoniste, pena un declino inesorabile». Intervista a Silvano Pagliuca, presidente Confindustria Abruzzo e Confindustria Abruzzo Medio Adriatico.

Presidente, come vede il ruolo dell’intelligenza artificiale e della trasformazione digitale nel futuro dell’industria abruzzese e come cambierà il mondo del lavoro?
«Il ruolo dell’intelligenza artificiale e della trasformazione digitale nelle aziende abruzzesi non sarà diverso dal ruolo che avrà nelle aziende del resto del mondo: un passaggio ineludibile per continuare a essere protagonisti, pena un declino inesorabile. L’intelligenza artificiale si trova in una fase di entusiasmo mediatico ed è forte il rischio di parlarne più di quanto la si utilizzi davvero. Ciò che preoccupa è lo stato d’adozione nelle Piccole e Medie Imprese italiane: solo il 5 per cento dichiara di avere progetti operativi e, nel complesso, solo il 18 per cento ha approcciato il tema. Secondo le stime dell’Osservatorio sull’IA del Politecnico di Milano, il fatturato dei player italiani che offrono soluzioni e servizi di artificial intelligence ha raggiunto i 760 milioni di euro. Per il 90 per cento però, questo fatturato è generato dalle grandi imprese private. Le Piccole e Medie Imprese rappresentano circa il 5 per cento del mercato. Permangono barriere legate alla scarsità di budget e alla scarsa digitalizzazione delle aziende.

Tutte le tecnologie disruptive del passato, a partire dall’elettricità, dalla radio, dalla televisione, dal computer e da Internet sono state tecnologie gentili, si sono affermate in decenni, dando modo alla società e al mondo del lavoro di adeguarsi lentamente, quasi senza che ce ne accorgessimo. L’adozione delle tecnologie è stata lenta. Ad esempio, negli Stati Uniti ci sono voluti 99 anni perché la telefonia fissa raggiungesse il 95 per cento della popolazione (2022); 48 anni affinché l’elettricità raggiungesse il 100 per cento delle famiglie (1956); 25 anni affinché il cellulare passasse al 96 per cento di adozione (2019); 24 anni perché il computer passasse all’89 per cento (2016); 7 anni perché il tablet raggiungesse il 64 per cento (2017). Chapt GPT3 in due mesi ha raggiunto 100 milioni di utenti, bruciando il primato precedente di TikTok che aveva raggiunto i suoi 100 milioni in 9 mesi. Instagram aveva impiegato ben due di anni. La prima cosa che balza agli occhi è il grado di adoption delle tecnologie, che impiegano sempre meno tempo a raggiungere la massa critica degli utilizzatori e che, quindi, costringono le aziende a tempi di reazione quasi immediati.

Inoltre, oggi, per la prima volta, ci si trova di fronte ad una concomitanza di ben due tecnologie disruptive. La prima, quella dell’intelligenza artificiale che si abbevera alla fonte di quella miniera d’oro che va sotto il nome di big data e che, grazie ad algoritmi potenti, riesce a mettere in correlazione i dati e l’altra, quella del quantum computing, che, grazie ai super conduttori, riesce a dare ai super calcolatori una capacità di calcolo in grado di restituire in pochi secondi risultati che, diversamente, avremmo in ore, giorni o anche mesi, perdendone efficacia».

In che modo, secondo lei, le economie potranno beneficiare dell’innovazione apportata dall’intelligenza artificiale?
«L’IA porterà, come hanno fatto tutte le tecnologie precedenti, un boost importante alla produttività e al PIL. Si ipotizza un impatto, nei prossimi anni, del 4 per cento sul PIL per i Paesi che hanno già adottato profondamente la digital transformation. Purtroppo, per l’Italia questo significa un aumento di produttività di meno della metà. Le economie possono beneficiare in modo molto diverso dell’innovazione. Gli Stati Uniti, storicamente, hanno sempre ottenuto notevoli guadagni di produttività, ma non è successa la stessa cosa per le maggiori economie europee, men che meno per l’Italia. Naturalmente, grandi opportunità e con esse nuove ricchezze ma anche nuove povertà. Povertà che non saranno nei soliti angoli del mondo, ma potrebbero generarsi proprio in Europa. In questo contesto si pone anche un’altra importante strada da percorrere, quella dell’etica: che non sia troppo normata, al punto di affossare la tecnologia – tra l’altro senza essere garantiti da altri che lo faranno – ma neppure troppo lasca, al punto di lasciare mano libera con effetti disastrosi per buona parte degli esclusi».

Come cambierà il mondo del lavoro?
«Per la prima volta una tecnologia non ci sostituirà solo nella fatica fisica, ma paradossalmente impatterà sui colletti bianchi. Oggi IA risponde ai test meglio della maggioranza degli studenti su diverse materie: Avvocatura, Storia, Macroeconomia, Biologia, Medicina, Chimica, Psicologia, con una forbice che va dal 75 al 100 per cento. Ci sarà una trasformazione molto forte, che toccherà tutta la società, soprattutto la classe media, e che andrà gestita a livello politico ed economico. Ci potranno essere modelli diversi, a seconda che l’innovazione nasca nei Paesi democratici o autoritari, con il rischio di una nuova “cortina di ferro”, dove le basi non saranno quelle missilistiche, ma i data center. Uno dei primi settori impattati dalla produttività dell’intelligenza artificiale è l’editoria. In USA sono, oggi, spariti un terzo dei giornalisti presenti nel 2005. Il NYT ha bloccato il crowler di OpenAI, non permettendo più a OpenAI di attingere massivamente ai dati del giornale. La parola è ora ai legali, per una battaglia su copyright e diritti d’autore destinata a fare giurisprudenza. In Germania il Bild, il giornale più venduto in Europa, ha annunciato un piano per il taglio di 200 persone e la chiusura di due terzi dei propri uffici locali in seguito ad investimenti in intelligenza artificiale. L’editore Axel Springer ha comunicato all’azienda che “i lavori di redattori, correttori di bozze e altri lavori legati alla produzione della stampa non esisteranno più come li conosciamo oggi.” Axel Springer ha firmato un contratto con OpenAI per 10 milioni di euro all’anno per i redazionali. In Italia, sempre la casa editrice Springer, ha licenziato 3 giornalisti italiani che curavano la redazione di UpDay. Spotify nonostante utili importanti, ha licenziato 2.290 persone proprio per effetto dell’IA».

Ci sono altri settori e ambiti in cui l’IA secondo lei sarà imprescindibile?
«In ambito medico lo stetoscopio IA, progettato dall’azienda statunitense Eko Health e assegnato a 200 ambulatori di medici di base nel Regno Unito, rappresenta il primo impiego di questa tecnologia nell’assistenza primaria in questo Paese con l’obiettivo di prescrivere farmaci salvavita senza la necessità di revisione da parte di uno specialista. Per non parlare delle professioni di traduttore, interprete e doppiatore, che si confronteranno con una tecnologia, che, oltre a tradurre, permette di riprodurre sia la voce originale, che il labiale nelle immagini video. L’automatizzazione di processi come la semina, la raccolta e la classificazione delle piante porterà grandi sviluppi in agricoltura. Nel settore bancario e finanziario, grazie ad algoritmi, si potranno efficientare alcune attività, come la rilevazione di frodi, la gestione degli investimenti e la valutazione del credito. Secondo l’OCSE, l’IA potrebbe sostituire fino al 14 per cento dei lavori manuali in ambito manifatturiero nei Paesi industrializzati. I servizi di supporto, quali la contabilità, la segreteria, la fatturazione e la gestione, stanno già subendo cambiamenti molto forti, così come si stanno aprendo nuove opportunità nelle arti grafiche e musicali. Nel settore dei trasporti molti conducenti verranno sostituiti con la guida autonoma. La medicina sarà protagonista di una rivoluzione mai vista prima con grandi progressi nel campo della diagnosi e della chirurgia».

Presidente, come pensa che l’Europa possa guidare l’industria nell’adozione dell’intelligenza artificiale e quali sono le opportunità e le sfide che prevede in questo contesto?
«L’America innova, la Cina replica e l’Europa cerca di regolamentare. Questa situazione dipende dal fatto che gli Stati Uniti sono un Paese fatto da imprenditori, la Cina è un Paese dirigistico governativo e l’Europa un continente fatto da burocrati. Detto ciò, abbiamo l’impellente necessità di puntare ad un’Europa politica, che sappia essere indipendente, per quanto possibile, da Stati Uniti e Cina. Diversamente, saremo colonizzati e dell’IA saremo solo utilizzatori dipendenti. Noi italiani dobbiamo ricordarci e riscoprire l’orgoglio di un Paese che ha dato i natali a Leonardo da Vinci, Mattei, Olivetti, Faggin, Marconi, Torricelli, Natta, Barsanti e Matteucci, Ascanio Sobrero, che hanno regalato al mondo invenzioni quali il barometro, il motore a combustione, la calcolatrice programmabile, il paracadute, la radio, la nitroglicerina, il polipropilene, il microprocessore. Parola d’ordine per l’Italia: uscire dalla sudditanza psicologica in cui viviamo da decenni, attrarre talenti, coinvolgere i giovani e rimboccarsi le maniche».

A cura della Redazione